martedì 21 settembre 2010

Trame di mondo


(Pubblicato su http://www.luigidegennaro.it/ )

Come una casa, che allo stesso tempo è presenza e chiusura, la posizione stilistica ed espressiva di Luigi De Gennaro, pur evitando l’alienazione sociale, segue solo se stessa. La sua casa è un libro di quadri da contemplare una volta varcato l’ingresso, da sfogliare percorrendo corridoi e stanze; libro che è l’artista stesso in quanto pensiero e inquilino della propria estensione artistica. Affermare l’unità dell’artista con la propria abitazione permette di capirne la posizione: uno sguardo critico che si esprime evitando le mode e mantenendo sempre una contraddistinta, ma non inflessibile, matrice surrealista.

Dipinti che sono la cristallizzazione di un occhio che vive e, allo stesso tempo, ferma la vita analizzandone alcune dinamiche con la lucidità di un flash fotografico, riproducendole con colori e linee chirurgiche che ne rilevano, selezionano ed elevano ogni elemento. De Gennaro scoperchia, smonta e rielabora il flusso psichico e sociale, fissandone ed interrogandone certe zone, portandone in luce alcuni meccanismi e riuscendo a dare organicità a tutti gli ambiti toccati, ritratti nella loro compenetrazione viscerale.

Scacco matto alla Signora, nel 1988, “riabilitava” colori e atmosfere tra il medievale e l’apocalittico, sollevando le tende della vita fino a scorgerne i conflitti, collettivi e psicologici, figurati nel loro stato battagliero, mediante le carni e l’armatura di un soldato che calca il destino “giocandosi a scacchi” l’esistenza, affrontando se stesso e distruggendo l’ostacolo, la Signora. Anche ne I dubbi di Colombo è presente la rappresentazione concreta di ciò che è interno, velato: un uomo, che di fisionomicamente umano mostra solamente la sagoma del lucido abito nero, ha mani e volto smaterializzati, sostituiti con pensieri sgorganti dal collo e dai polsi, sotto forma di mappe e carte geografiche; esplosione di responsabilità che ha annientato i lineamenti dell’umanità.

In De Gennaro il Surrealismo non è mai svanito e nel 2006, con Il magico riflesso, l’artista omaggia Salvador Dalì dipingendolo, appunto, come riflesso, come se lo sentisse fremere nei propri pennelli.


Negli ultimi anni la sua ricerca artistica ha evoluto il proprio taglio, ottenendo un effetto sempre più intuitivo, attraverso l’innesto di raffigurazioni bidimensionali e di frammenti di specchi, soluzioni che escono dai canoni della sua classica pennellata descrivente. Se in precedenza la sua opera aveva narrato le visioni e le trame del mondo attraverso una riproduzione realistica, ora l’artista sembra incamminarsi verso un’esclusività dei soggetti, delimitando ancora meglio i propri intenti, che risalgono quasi in modo semiotico, provando a ridurre gli elementi marginali ed accentuando la messa a fuoco, senza mai cadere nel solipsismo dei protagonisti.


Per anni molte delle sue produzioni avevano proposto un interessante simbolismo che alternava richiami storico-mitologici, psichico-onirici o legati al bagaglio collettivo dell’umanità; con alcune opere più recenti, mediante la bidimensionalità e gli specchi, De Gennaro ha semplificato la significazione, centrando più direttamente il supposto messaggio. Opere quali Il gioco delle 3 carte, Riflessi biondi e L’intruso palesano un collage pittorico di sagome colorate; questa parziale rinuncia alla realisticità e alla tridimensionalità illusoria dell’immagine favorisce l’immediatezza espressiva, agevola la comprensione del tema ed avvicina l’intenzione dell’autore alla ricezione dello spettatore. Intreccio autore-opera-spettatore che emerge ancor più concretamente con le tele appartenenti alla fase dei “riflessi mobili”, il cui senso può essere spiegato, su più livelli, prendendo in esame Grizzly. Due orsi in atteggiamento aggressivo e le enormi tracce delle loro stesse unghiate: apparentemente i graffi sembrerebbero causati dalle loro zampe; ferocia animale riversata all’esterno, spettatore compreso. Le figure delle unghiate, però, sono campite attraverso specchi che riflettono frammenti dell’immagine dell’osservatore: il senso dell’opera cambia dal momento in cui lo spettatore, contornato nella superficie riflettente, diventa la ferita incisa sugli orsi; l’aggressività animale è mutata ora in urla di dolore.


Le inserizioni di specchi sviluppano continui ribaltamenti di senso, visibili anche in Trompe l'oeil, in cui la follia dei tre matti viene attenuata da una finestra in secondo piano, riempita con un frammento di vetro, che va a ribaltare la visione, dove il matto, il diverso, è lo spettatore.

I riflessi mobili muovono i quadri e le loro immagini, fondendo il fruitore all’opera e andando a creare continui cambiamenti di significato, ospitando svariati interrogativi senza mai spegnerli in risposte definitive, e lasciandoli vivi sulla tela e nella mente.


L’efficacia della bidimensionalità è perfettamente osservabile ne Il gioco delle 3 carte: azione e movimento vengono accantonati in direzione di una comunicazione sempre più esplicita, che non lascia dubbi riguardo al legame “relazioni amorose-gioco”. Ricordi di amori mai idealizzati, forse clandestini e appartenenti alla storia filogenetica dell’uomo, possono essere suggeriti da Riminiscenze, opera ironicamente intitolata trasportando Rimini, luogo di passioni e divertimenti trasgressivi, nel vissuto della collettività.


Episodi, tratti dalla realtà o dalla fantasia, raccontati per mettere in luce sensi ed aree nascoste; ma anche polarizzazioni della vita ed astrazioni dalla sua velocità d’azione e movimento. Eventi e incroci sotterranei, le cui cime appuntite vengono solitamente additate come sconvenienti ogni volta che spuntano in superficie, dipinti per essere universalizzati; e ritratti di visioni che macchiano e relativizzano tutto ciò che viene considerato buona regola, bel pensiero, costume e comportamento adeguato. Questo è Luigi De Gennaro.

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